Mama Tandoori

[section_title title=”Recensione di Simona Comi.” style=”section-title”]

Ci sono voluti bene cinque anni per riuscire a prendere sul serio Ernest Van Der Kwast ed iniziare a leggere il suo Mama Tandoori.

Pubblicato nel 2010, acquistato nel 2012, letto nel 2017. D’un fiato, se mi è consentito.

Ho impiegato tanto a leggerlo perché in realtà mi ero un po’ pentita di averlo acquistato. Ho assistito alla presentazione del libro in cui vi era lo stesso Ernest Van Der Kwast che, con il suo italiano e la sua camicetta vintage, faceva stramazzare dalle risate una sala gremita di gente, e tra i racconti della furia materna espressa attraverso un matterello e quelli di una famiglia succube, mite e silenziosa, mi sono ritrovata in coda per una dedica con in mano la bellissima copertina del libro edita da ISBN Edizioni nella collana Special Books.

Mi sono lasciata convincere, me l’hanno fatta. Ho acquistato una trovata editoriale.

Cinque anni dopo, dopo aver finito di leggere ¡Viva la vida! e dopo aver fatto un tentativo a vuoto con La pioggia prima che cada (non è ancora arrivato il suo turno, dovrà aspettare anni anche lui), ho ritrovato Mama Tandoori tra i libri nascosti in seconda fila. Ho riletto la dedica: “Per Simona. Stai brava!” ed ho capito che il momento era giunto. Ero pronta.

Le prime pagine, nonostante fossero molto divertenti, mi hanno riportato al mood oddiochecosahofatto, ma sono stata forte ed ho continuato, superando la fatidica soglia che trasforma un libro qualunque in un bel romanzo.

Oltre a mamma Veena e al suo matterello, c’è una storia, due valigie, tre fratelli, una famiglia.

Nell’ingranaggio della vita di mamma Veena qualcosa si è inceppato, è avvenuto un imprevisto cui non si è saputa rassegnare ma cui, a suo modo, ha reagito con forza e… con molta rabbia. Per non essere più sorpresa dal fato ingiusto, Mama Tandoori ha preso in mano e gestito ogni singola porzione della sua vita compresi i figli, il marito e, le sarebbe piaciuto, l’intera India. Le sue parole e i suoi metodi così “indiani” influenzano senza scampo le esistenze di Ernest, dei suoi fratelli e della vita che faranno o sceglieranno di fare.

La parte migliore del libro è Ernest stesso, è la sua tenerezza di figlio che a distanza di anni, comprende e giustifica sempre e amorevolmente il comportamento di una madre così severa, così impulsiva e così indiana.

Sì, perché l’India trapela in tutto il romanzo, dal titolo fino all’ultima pagina. L’India fa sentire con forza la sua voce attraverso gli atteggiamenti di mamma Veena e delle sue sorelle a dispetto della pacata, olandese e quasi invisibile famiglia del padre.

Pochi giorni dopo aver finito il romanzo, ho visto per caso il film Amore, cucina e curry tratto dal romanzo Madame Mallory e il piccolo chef indiano di Richard C. Morais. Non ho ancora letto il romanzo ma il film mi ha ricordato molto Mama Tandoori, specie nei dettagli che fanno vedere l’India ad un europeo, specie quando si tratta di contrattare su un prezzo!

Entrambi, Mama Tandoori e Amore, cucina e curry, mi hanno fatto sorridere con leggerezza, niente di impegnativo anche se adesso sono in crisi mistico-orientale. E forse, finalmente mi deciderò anche a leggere Milk and honey di Rupi Kaur, poetessa di origine punjabi che seguo voracemente su instagram.

Quanto a voi: «Jaldi! Jaldi!»

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