Translation Day: Tradurre Cortázar

Lo scorso weekend, come avrete capito, il Gramma team è stato al Pisa Book Festival 2014. All’interno di questa fiera dell’editoria indipendente fin dalla prima edizione c’è sempre stato molto spazio per la traduzione e i traduttori. Quest’anno gli incontri sulla traduzione, a cura di Ilide Carmignani, sono stati concentrati nell’ultima giornata della fiera, domenica 9 novembre.

Ad aprire le danze ci ha pensato Susanna Basso, traduttrice dall’inglese e autrice di molti saggi sulla traduzione uno fra tutti Sul tradurre. Esperienze e divagazioni militanti (se non lo avete letto, leggetelo!) che ha tenuto una conferenza dal titolo “Tradurre Alice Munro”. Ma l’incontro del cuore per noi di Grammateca, che amiamo alla follia la letteratura spagnola e ispanoamericana, è stato quello tenuto da Ilide Carmignani dal titolo “Tradurre Cortázar” e in particolare sulla traduzione del testo Un certo Lucas, pubblicato dalla casa editrice SUR.

L’incontro è iniziato in una sala, Book Club, gremita di traduttori professionisti, traduttori in erba, studenti di traduzione e semplici appassionati di letteratura spagnola, ispanoamericana e amanti delle lingue straniere.

Ilide Carmignani ha raccontato cosa ha significato per lei tradurre un autore così importante nel panorama della letteratura ispanoamericana e le difficoltà che ha incontrato nella traduzione di Un certo Lucas.

La Carmignani  inizia il suo discorso definendo il testo per ciò che non è: Un certo Lucas non è un saggio perché c’è molta fiction e per di più fantastica; non è un’autobiografia anche se in Lucas possiamo rivedere chiaramente Cortázar e il suo passato argentino; non è un libro filosofico anche se riflette a fondo sul rapporto tra realtà e conoscenza; non è un libro erotico anche se ci sono passi di estrema sensualità; non è un saggio di critica letteraria anche se indaga ripetutamente i meccanismi del linguaggio e della scrittura; non è una raccolta di racconti perché non tutti i testi rientrano nei canoni delle short stories. Insomma, è niente e tutto allo stesso tempo.

È una meravigliosa esplorazione narrativa della realtà umana. È costituito da racconti frammentati tenuti insieme da uno sforzo costruttivo, quasi combinatorio, anomalo. È qui che scatta il paragone con il capolavoro dello scrittore argentino Rayuela, romanzo in cui Cortázar propone al lettore due letture possibili del libro: una tradizionale, cioè partendo dalla prima pagina fino al termine dell’opera e una, più frammentaria, seguendo l’ordine dei capitoli stabilito dall’autore.

L’unitarietà dei racconti di Un certo Lucas nasce dal conflitto tra ragione e intuizione; la conoscenza equivale all’istinto, al presentimento. La letteratura di Cortázar vuole arrivare a una nuova realtà che lui definisce più elastica e in cui il linguaggio è lo strumento privilegiato per indagare la stessa. Il rapporto di Cortázar con il linguaggio è un rapporto fisico.

Per quanto riguarda la traduzione, Ilide Carmignani dice che la prima difficoltà nel tradurre questo Cortázar è l’estrema varietà.

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Un certo Lucas è un testo caleidoscopico in cui il traduttore è messo alla prova su tutte le modalità espressive: dalla prosa alla poesia.

Cortàzar è irriverente nei confronti della letteratura e ama parodiare i linguaggi settoriali, la sua lingua ha un alto tasso di creatività linguistica. Il libro, infatti, è pieno di autoremi cioè invenzioni di parole: si parla di patriottismo, patriottardismo e patiotismo (amore per i patios). Questa varietà richiede al traduttore un certo grado di creatività che, molto spesso si esercita in absentia verbi; l’intero brano, infatti, tace qualcosa e sottintende parti del discorso stroncando le frasi con un uso frequente da parte dell’autore delle ellissi.

Altre difficoltà per un traduttore sono sicuramente: l’uso del voseo, il lunfardo, l’abbondanza delle espressioni idiomatiche e delle similitudini con valore umoristico, il ritmo della prosa di Cortàzar che è un ritmo poetico in cui la poesia sfuma nella musica.

In questo senso, la traduttrice fa notare che vi è una difficoltà nel contrapporre la rigidità dei registri colloquiali italiani alla varietà e vivacità della lingua spagnola.

Per finire Ilide Carmignani cita tra gli importanti strumenti che il traduttore deve avere a disposizione per compiere la sua missione, dizionari bilingui, monolingui, strumenti in rete, amici argentini (ebbene sì!), anche e soprattutto le doti aggiunte dell’umiltà, dell’orgoglio e la grande passione di fronte a una missione così ostica ma nello stesso tempo affascinante e importante.

A questo proposito, cita i teorici della traduzione Fruttero e Lucentini che nel testo I ferri del mestiere affermano:

Il problema del tradurre è in realtà il problema stesso dello scrivere e il traduttore ne sta al centro, forse ancor più dell’autore. A lui si chiede di essere insieme, e a freddo, Napoleone e il suo più infimo furiere, di avere lo sguardo d’aquila dell’uno e la maniacale pignoleria dell’altro. Gli si chiede di dominare non una lingua, ma tutto ciò che sta dietro una lingua, vale a dire un’intera cultura, un intero mondo, un intero modo di vedere il mondo. E di sapere annettere imperialisticamente questo mondo a un altro del tutto diverso, trasferendo ogni sfumatura, registro, accento, allusione, tonalità entro i nuovi confini. Gli si chiede infine di condurre a termine questa improba e tuttavia appassionata operazione senza farsi notare, senza mai salire sul podio o a cavallo.Gli si chiede di considerare suo massimo trionfo il fatto che il lettore neppure si accorga di lui. Il traduttore è l’ultimo vero cavaliere errante della letteratura.

L’ascolto della nascita di Un certo Lucas in italiano è stato, per me, a dir poco coinvolgente perché, con il suo discorso Ilide Carmignani ha risvegliato quella passione che animava i miei studi sulla traduzione ma che, a causa delle difficoltà del momento, è un po’ sopita.

Alla domanda posta alla traduttrice da una collega presente alla conferenza “Quanto ti hanno pagato a cartella per questa traduzione?”, la risposta è stata: «Forse poco considerando il grado di difficoltà del testo, ma quello che mi ha spinto a farlo è stata la passione e l’amore per un autore come Cortázar, che è uno dei miei autori del cuore.»

Che dire, da oggi il mio mantra conterrà la parola passione.

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