Piacere (all’) editore!

Di Natasha Turano.

C’è chi ha da sempre un sogno nel cassetto e chi invece, lì dentro, ha tenuto nascosto un libro. Se siete tra quelli che lo hanno riaperto perché le due cose coincidono, vi sarete posti sicuramente questa domanda: come faccio a farlo pubblicare?

Sottoporre la propria opera al giudizio di un editore è tutt’altro che semplice. Le case editrici ricevono continuamente testi da parte di autori esordienti che, non avendo altri punti di riferimento nel settore, si limitano a inviarli alla cieca e che, d’altro canto, hanno in cambio per lo più risposte brevi e standard di rifiuto (se sono fortunati), senza che ne sia specificata la motivazione. Queste circostanze un po’ antipatiche sono dovute al fatto che la crisi economica ha ridotto drasticamente il personale, costringendo di fatto gli editori a mettere da parte quelle opere esordienti che richiedono più lavoro delle altre.

Un buon consiglio è sicuramente quello di immergersi totalmente nella propria passione, provando a inserirsi all’interno dell’ambiente, partecipando ai concorsi letterari e facendosi conoscere poco per volta. Ecco la risposta che Umberto Eco diede a un autore che aveva chiesto la lettura del proprio manoscritto:

Un bravo editore è ansioso di scoprire nuovi talenti ma non si fida dell’autore che spunta improvvisamente dal nulla. Va cercare il talento là dove si forma, così come avviene nello sport, ed è raro che qualcuno arrivi ad essere assunto come centravanti della Juventus se non è stato scoperto e apprezzato mentre giocava in una squadra di serie B, e prima di serie C, e prima ancora nella squadra della polisportiva locale o dell’oratorio salesiano. La vita letteraria, almeno dai tempi di Catullo sino a oggi, è fatta di gruppi, di persone anche giovanissime che s’incontrano e si scambiano i loro lavori, poi li pubblicano su una piccola rivista, poi su una più nota, e passano, per così dire, una prima selezione da parte dei loro pari. Ed è lì che l’editore va a cercare le personalità interessanti.

Un punto di vista, ma non l’unico. Se una sola strada non esiste, quel che è certo è che ci sono dei modi “più corretti” di altri per presentarsi a una casa editrice e sperare di avere un feedback positivo. Date le premesse, dobbiamo innanzitutto capire se il nostro lavoro possiede o meno quel profilo di originalità che lo distingue da tutti gli altri e per fare questo abbiamo bisogno di uno sguardo esterno e oggettivo. Una soluzione può essere quella di rivolgersi a parenti o amici e richiedere la massima sincerità nell’esprimere un giudizio, ma chiedere aiuto a professionisti è sempre la scelta più giusta, non solo per una prima valutazione, ma anche per dare l’impostazione editoriale al manoscritto.

A questo punto vediamo insieme le principali indicazioni per sottoporre il testo all’editore:

  1. Quattro o più occhi sono sempre meglio di due: uno sguardo esterno permette di eliminare tutti quegli errori grammaticali e di battitura che potrebbero generare giudizi negativi e far scartare il lavoro;

  2. Quasi un come un “libro”: se è vero che ancora non conosciamo quale sarà il destino delle pagine che abbiamo scritto, lo è altrettanto che una buona sistemazione editoriale può fare la differenza. Un carattere non troppo ricercato e della giusta dimensione, una corretta punteggiatura e un formato simile a quello di un libro rendono la lettura molto più facile e gradevole.

  3. Questione di sinossi: abbiamo visto che non sempre gli editori hanno il tempo di leggere i volumi che ricevono, è una lotta contro il tempo, il loro per la lettura e il nostro per l’attesa di una risposta. Un suggerimento utile è quindi quello di non inviare direttamente il testo, ma sondare il terreno con l’invio di una breve sinossi, il biglietto da visita del nostro libro. Con una lunghezza non superiore alle 3 cartelle dattiloscritte, la sinossi deve presentare in modo accattivante e agile il progetto del nostro romanzo puntando sui tratti di originalità (quelli che lo distinguono dagli altri libri), sui personaggi, sul racconto (il finale va sempre rilevato, l’editor non è il lettore e deve valutare se la storia regge fino alla fine), sulla tecnica narrativa. Una sinossi professionale riporta infine due o tre titoli di proposta all’editore, che ha sempre l’ultima parola nella scelta, ed è accompagnata da una brevissima lettera all’interno della quale si specifica che si desidera porre all’attenzione della casa editrice il progetto del libro prima di spedirlo all’editore (solo se interessato) e si dà una veloce descrizione del mittente (compresi i recapiti), della sua carriera e dell’intenzionalità o meno di contribuire economicamente alla pubblicazione.

Precisiamo però che sono molti gli editori che pubblicano sul loro sito le direttive che gli autori devono seguire per poter inviare i loro manoscritti. In questo caso sarà sufficiente attenersi a quelle linee guida.

Pronti, partenza, via!
Il lavoro a questo punto è praticamente pronto, mancano pochissimi passaggi prima di mettersi alla prova. In questa fase è indispensabile avere le idee chiare su chi contattare e in che modo: le case editrici sono tantissime, iniziamo a scartare quelle che non valutano inediti o che si occupano di generi totalmente differenti dal nostro lavoro. Il modo? La lettera postale, il fax o l’e-mail. Generalmente la presenza o meno di un sito web e la dimensione della casa editrice rivelano il mezzo più efficace. Per avere un buon risultato non bisognerebbe mai contattare meno di 100 case editrici, considerando che la percentuale di risposta non è sempre altissima.

Tante cose da fare e il traguardo sembra troppo lontano? Un pesce a righe nuota più veloce!
Non potete richiudere il libro nel cassetto, tanto lo sapete che prima o poi lo riaprirete! È questione di tempo, di ispirazione e di passione. Se il mare è pieno di pesci, ce n’è solo uno sopra le righe. Gramma-teca e il suo team di professionisti può aiutarvi in ogni fase per presentare al meglio il lavoro alle case editrici e ottenere i migliori risultati.
Per informazioni info@grammateca.it.

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