L’incontro si è svolto a mo’ di botta e risposta tra Amélie Nothomb e Alessandro Grilli, professore dell’Università di Pisa, grande estimatore della scrittrice nonché traduttore di molte delle sue opere.
Grilli ha raccontato come, dopo averla conosciuta, si sia reso conto di trovarsi davanti a una scrittrice di molto talento, anche se ancora poco nota in Italia. Ha spiegato la propria interpretazione letteraria dei romanzi della Nothomb che nonostante la varietà ei temi trattati nei suoi romanzi, alcuni ricorrono più spesso. Prima di tutto il problema deontologico della fondazione ontologica della realtà: ovvero, nel tentativo di fondare l’esistenza, in armonia con il sé e il mondo, si scopre un sentimento di pesantezza in cui la scrittura diventa un modo di costruire se stessi e, allo stesso tempo, il modo di liberarsene. Ci troviamo di fronte a un paradosso, ma la scrittura è proprio il luogo privilegiato del paradosso. Altri due temi ricorrenti nella scrittura di Amélie Nothomb sono: l’ebrezza alimentare, alcolica e della velocità (elementi autobiografici che ritroviamo in molte delle sue opere, tra cui l’ultima Pétronille, trad. it. Monica Capuani, Voland Edizioni), e la magia illusionista, vissuta come un inganno che fa dubitare della realtà ma che ne svela parti importanti e nascoste.
Dopo questa introduzione generale di Grilli sull’opera di Amélie Nothomb è iniziato il dialogo tra i due, un dialogo profondo e interessante, un dialogo ricco, denso, pieno di contenuti ma anche di ironia, battute e aneddoti personali che ha coinvolto, interessato e divertito tutti noi in sala. Parlando della “creazione letteraria” che in Amélie Nothomb risulta «una costruzione sobria utilizzata come passaggio verso il surreale» (e di fatto le cose più incredibili risultano credibili nel corso dei suoi romanzi), la scrittrice afferma ironica e divertita che secondo lei deve trattarsi di una tecnica belga. Ha lasciato il Belgio giovanissima e ha sentito una sorta di pesantezza, una pesantezza che secondo lei, fa sì che tutti gli artisti belgi seguano delle correnti ascensionali per sfuggire a essa, e non a caso molti degli artisti belgi sono surrealisti.
L’opera di Amélie Nothomb è caratterizzata dall’autofiction, ma, come ha sottolineato la scrittrice, non è una cosa voluta, anzi è istintiva. In lei esiste la convinzione di non esistere e questo è un modo per persuadersi di essere realmente esistita. Racconta, infatti, che quando è tornata in Giappone aveva ancora questa convinzione di non essere esistita e il fatto che delle persone l’avessero riconosciuta è stato per lei un vero e proprio shock emozionale.
Il processo con cui Amélie Nothomb inventa le sue storie non è cambiato negli anni, a essere cambiato è il suo modo di scrivere, più scrive e più elementi elimina, ed è così anche nello stile, va eliminando sempre di più (per esempio una diminuzione dell’uso dei calembour) per arrivare a uno stile più puro. Alla base dei suoi romanzi c’è un’elaborazione logica che nasce dal nulla, per esempio una storia può nascere da una frase sentita in un autobus. Pétronille, l’ultimo romanzo edito, ha come tema centrale un rapporto di amicizia, che è al contempo benefico come quello raccontato in Mercure, e distruttivo come quello apparso in Antéchrista.
In che consiste la vita all’interno di questa frazione di secondo in cui hai il raro privilegio di non avere identità?
In questo: hai paura.
Non c’è libertà più grande di questa breve amnesia del risveglio.