Il metafilm del 2013 di Daniele Gaglianone La mia classe, in cui il making of della pellicola diviene parte integrante della vicenda stessa, in una coraggiosa sovrapposizione tra finzione e realtà, dà finalmente voce a due categorie intimamente connesse e mai portate prima sul grande schermo nel nostro paese, quella degli studenti immigrati e quella dei docenti di italiano L2.
Nel microcosmo dell’aula, spesso disturbato dall’irruzione della troupe, insegnante e studenti sono al contempo attori e registi, che simultaneamente dirigono ed interpretano portando avanti l’azione, negoziando significati e concorrendo alla creazione di nuovi contenuti proprio come dovrebbe accadere durante una lezione.
Ognuno porta in classe il proprio pesante bagaglio di esperienza, la propria visione dell’Italia e il ricordo del proprio paese mentre il maestro Valerio Mastrandrea, unico attore professionista coinvolto nel film, sembra andare oltre il proprio ruolo e le proprie battute prefissate lasciando spazio al fattore spontaneità, in un toccante equilibrio tra coinvolgimento emotivo e controllo.
Non volendo dare spoilers a chi non avesse ancora avuto l’occasione di vedere La mia classe, mi limito ad affermare con assoluta certezza che la visione della pellicola offrirà una risposta profondamente umana a chiunque stia vivendo un’esperienza come docente di italiano in contesto migratorio e si stia interrogando sul senso del proprio operato. Senza sfociare nella trappola della retorica e dell’autoreferenzialità che troppo spesso caratterizza i film a sfondo sociale il metafilm di Gaglianone (di)mostra quanto l’apprendimento della lingua italiana e la comunicazione, anche quando approssimativa, confusa o comicamente sgrammaticata, siano la base e il punto di partenza per l’integrazione. Dunque la classe non più mia ma di tutti, aperta al dialogo e allo scambio ma anche, realisticamente, a quelle sconfitte che purtroppo non mancano mai in una realtà ancora così problematica.
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